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PALLINI PENDULI - FIBROMI

Il fibroma pendulo è un piccolo "pallino pendulo" benigno che si forma soprattutto nelle zone dove la pelle forma pieghe, come il collo, ascelle, inguine e palpebre. I fibromi penduli possono lentamente aumentare in numero e questo non e' dovuto al fatto che si contagiano uno con l'altro ma sono dovuti allo sfregamento della pelle con gli indumenti o collane.
I fibromi penduli sono appunto lesioni non contagiose e non pericolose, posso pero' essere prurigginose o irritarsi.
Puo' inoltre accadere che una o piu' di queste lesioni si irriti diventi rosso si gonfi e dia prurito. In questi casi e' importante fare una visita dermatologica per capire se si tratti di un fibroma pendulo o un'altro tipo di lesione.

Come si trattano i fibromi penduli?

La cosa migliore per trattare i fibromi penduli e' toglierli dal dermatologo con il laser o il radio-bisturi.
L'intervento e' semplice rapido e non particolarmente doloroso. Di solito non rimangono cicatrici o al massimo piccoli esiti cicatriziali.

I fibromi penduli possono essere contagiosi?

No i fibromi penduli sono lesioni della pelle dovute alla sfregamento e toccandoli non si viene contagiati.

Dermatofibroma: che cos'e'? si puo' eliminare?

Un dermatofibroma è una lesione cutanea benigna molto comune.

Il dermatofibroma è talvolta chiamato anche un istiocitoma fibroso. E 'dovuto ad una crescita non-cancerosa delle cellule dendritiche ISTIOCITI dermici. In alcuni casi si forma nel sito di un lieve trauma, in particolare una puntura d'insetto o una spina. La causa che ne determina la formazione è sconosciuta.

Il Dermatofibromas più spesso si verificano sulle gambe e le braccia. Una volta formati, di solito persistono per anni o per sempre. Essi appaiono come noduli oppure sembrano dei nei, spesso di colore giallo-marrone, a volte rosa e talvolta piuttosto scuri.

Un dermatofibroma ha solo un significato estetico e anche se tende a persistere a lungo termine, provoca raramente sintomi.
Se c'è qualche dubbio sulla sua diagnosi comunque, la lesione può essere asportata per l'esame istologico.

Cicatrice post-cesareo: come trattarle?

La cicatrice del cesareo e' una vera e propria cicatrice chirurgica di conseguenza come tale deve essere trattata.

Quindi in primo luogo durante il periodo in cui avete ancora i punti la ferita non dovra' essere bagnata ma semplicemente medicata con del disinfettante per ferite chirurgiche (tipo betadine). In questa fase dovrete anche evitare di mettere in tensione la parte cercando di non fare movimenti che creino distanza tra i due lembi della ferita.

Fate molta attenzione alla possibili infezioni che si possono verificare in questo periodo. Rivolgetevi al vostro medico se la ferita inizia a diventare piu' dolente, gonfiarsi, diventare rosso accesso o perdere sangue o liquido.

Dopo la rimozione dei punti sarebbe sempre una buona pratica continuare ad applicare una pomata antibiotica (tipo gentamicina o acido fusidico) almeno una volta al giorno per circa una settimana. Questa pratica aiutera' a prevenire possibili infezioni tardive della ferita. E ancora evitare i movimenti che mettano in tensione la parte interessata. Considerate invece che la pressione sulla ferita non da generalmente nessun problema per la cicatrizzazione, quindi se non avvertite fastidio potete dormire a pancia in giu'.

A questo punto dovrete iniziare a proteggere e "curare" la vostra ferita. Iniziate il prima possibile ad usare creme o gel che favoriscano la cicatrizzazione come per esempio quelle a base di silicone. Applicatele come da prescrizione del vostro medico (generalmente due volte al giorno per circa 2-3 mesi).

Evitare di esporvi al sole quando la cicatrice e' ancora fresca e considerate che i raggi UV in piccola parte attraversano gli indumenti quindi se andate al mare e il costume copre la cicatrice usate comunque uno stick di protezione totale (SPF 50+) sulla parte per tutta la stagione.

Ricordatevi che comunque un caso di cicatrici non bellissime potete sempre effettuare terapie come infiltrazioni di steroidi e laser per rimodellare la ferita.

Ricordatevi di seguire sempre le indicazioni del vostro ginecologo e del vostro dermatologo.

Pigmentazioni alle mucose genitale o orale

Le lesioni melanotiche localizzate alle mucose di solito si presentano come macule o chiazze relativamente di grandi dimensioni che possono localizzarsi sulla mucosa orale, genitale (vulva e pene) e a livello delle labbra.

Queste lesioni possono allargarsi radialmente raggiungendo dimensione anche di alcuni centimetri e margini irregolari che possono porre il problema della diagnosi differenziale con il il melanoma delle mucose. Clinicamente le lesioni melanotiche del labbro si presentano come chiazze o macule singole, ben definite e di colorito bruno chiaro la cui localizzazione più frequente è il labbro inferiore.

Le lesioni localizzate alle mucose genitali e orali sono più frequentemente multiple e spesso di grandi dimensioni (fino a 2 cm di diametro) con margini irregolari e con una pigmentazione bruna spesso non uniforme. Le lesioni non sono considerate pre-neoplastiche perchè non tendono a modificarsi determinando un'evoluzione benigna. Le melanosi sono lesioni non melanocitarie, in senso stretto, poichè istopatologicamente sono caratterizzate da una prominente iperpigmentazione dei cheratinociti basali e dalla presenza di melanofagi nel derma mentre il numero di melanociti può essere normale o solo leggermente aumentato. In alcuni casi comunque i melanociti presentano processi dendritici contenenti pigmento melaninico.

Le melanosi sono lesioni pigmentate che possono localizzarsi alle mucose genitali e orali, di solito presentandosi in modo isolato ma l' associazione a melanosi del letto ungueale (melanonichia striata) caratterizza la Sindrome di Laugier-Hunziker. Numerose ipotesi sono state sviluppate per identificare i fattori eziologici delle melanosi cutanee (fattori ormonali, infiammatori, traumatismi, rilascio di interluchine 1 e 6, TNF alpha) ma nessuna di queste è stata universalmente accreditata.

Nonostante che la melanosi sia una patologia assolutamente benigna la presentazione clinica può avere caratteri simili al melanoma delle mucose ed è possibile incorrere in errori nella diagnostica differenziale di queste lesioni.
Per una maggiore accuratezza diagnostica è opportuno effettuare un esame dermoscopico o un esame istologico (7). L'esame dermoscopico a livello delle mucosale permette di distinguere le lesioni melanocitarie che potrebbero essere potenzialmente pericolose dalle lesioni non melanocitiche, come le melanosi, i tatuaggi da amalgama, gli angiomi e le pigmentazioni post-infiammatorie. All'esame dermoscopico delle lesioni melanocitiche si evidenzia una pigmentazione diffusa, in assenza strutture caratteristiche (structureless pattern) o una pigmentazione lineare o curvilinea con uno spettro di colore che va dal marrone scuro al marrone molto chiaro.

A cosa serve il linfonodo sentinella per il melanoma?

La biopsia del linfonodo sentinella, introdotta da Morton nel 1992, è subito diventata una procedura standard nella stadiazione e trattamento dei pazienti con melanoma primitivo di spessore ≥1 mm (o <1 mm ma ulcerato o con piu' di una mitosi per mm quadrato) e con negatività clinica delle stazioni linfonodali. Il razionale di studiare il linfonodo sentinella si basa sulla teoria di una progressione ordinata delle cellule tumorali, nelle fasi iniziali del processo di metastatizzazione, all'interno del sistema linfatico, secondo la quale le prime metastasi linfonodali siano sempre localizzate al primo linfonodo (linfonodo sentinella) drenante l'area cutanea sede del tumore.

Lo scopo di questa metodica è quello di studiare il sistema di drenaggio del tumore primitivo che avviene attraverso una o più stazioni linfonodali e di identificare l'eventuale presenza di micrometastasi in questa sede, così da intervenire precocemente con una linfadenectomia selettiva. Infatti l'identificazione di metastasi occulte sembra essere importante per un'accurata stadiazione, per la programmazione terapeutica e per la prognosi del paziente.

La tecnica prevede di biopsiare questo o questi linfonodi, ottenendo una diagnosi istologica mediante un approccio poco invasivo ma altamente preciso. Qualora mediante linfoscintigrafia si verifichi che il drenaggio linfatico risultasse orientato verso più stazioni linfonodali, sarà opportuno procedere alla biopsia di tutte le sedi individuate, escludendo quelle profonde (mediastino e retroperitoneo) in assenza di un evidente sospetto verificato mediante TAC o RMN o PET.

La biopsia del linfonodo sentinella viene eseguita in anestesia generale o locale, a seconda delle caratteristiche del paziente con cui viene discussa tale indicazione (preferenza del paziente o indicazione clinica del medico che ne individui una particolare caratteristica psicologica, che possa controindicare l’intervento in anestesia locale) e a seconda della sede
(a livello laterocervicale o in caso di bacini linfatici multipli è preferibile un approccio in anestesia generale). Le sedi ascellare e, in particolare, inguino-crurale sono particolarmente adatte a un intervento in anestesia locale, anche se alla biopsia del linfonodo sentinella debba associarsi la radicalizzazione del melanoma primario.

Courrettage

E' un procedura chirurgica utilizzata per lesioni di origine virale (verruche e molluschi contagiosi) e per le cheratosi seborroiche.
Per questa procedure non e' necessario, prima di procedere effettuare un' anestesia locale, in alcuni casi si puo' utilizzare una crema anestetica. In questa metodica, con una curette, cioe' un piccolo cucchiaio con lama tagliente, la lesioni viene letteralmente scucchiaiata, agendo parallelamente alla superficie cutanea mentre la pelle sottostante viene stirata con l'altra mano.
Il sanguinamento è molto modesto e generalmente recede applicando una lieve pressione.

Nei Giganti - Quali terapie?

Nei pazienti che presentano nevi congeniti giganti il rischio di sviluppare melanoma è stimato essere tra 5 e 10% durante la vita con un dimezzamento del rischio sotto i 5 anni di età. Il melanoma cutaneo può svilupparsi in sede sotto epidermica ma in alcuni casi può avere come prima localizzazione il sistema nervoso centrale o il retroperitoneo.

I pazienti con nei di diametro maggiore di 40 cm hanno il rischio maggiore di sviluppare un melanoma, inoltre in questi pazienti non è rara l’associazione con il rabdomiosarcoma e tumori del sistema nervoso centrale. La melanocitosi neurocutanea rappresentano una proliferazioni di melanociti nel sistema nervoso centrale oltre che a livello cutaneo. Questa patologia può inoltre svilupparsi in soggetti con nevo di Ota.



Il gold standard per quanto riguarda la terapia dei nevi giganti congeniti è rappresentato dalla escissione chirurgica completa come profilassi per lo sviluppo di un melanoma. Questa procedura richiede di solito più interventi successivi, e se necessario l’utilizzo di espansori cutanei. Anche la rimozione completa del nevo non esclude comunque la possibilità di un melanoma sia nel sito di rimozione del nevo congenito che in altre localizzazioni nel corpo. Da non sottovalutare è inoltre l’impatto psicosociale di un grande nevo congenito in un bambino soprattutto se localizzato in aree cutanee visibili. In alcuni casi la rimozione chirurgica completa del nevo è impossibile per le dimensioni della lesione o per la localizzazione in aree cutanee sensibili come il volto. In questi casi può essere utile il currettage o il lasar ablativo che possono determinare un beneficio estetico. Quando non è possibile effettuare nessun tipo di trattamento i pazienti dovrebbero seguire un follow-up molto stretto e ogni area della lesione che va in contro a modificazioni come la formazione di noduli o cambiamenti di colore deve essere esaminata mediante una biopsia incisionale.

I pazienti con nevi congeniti giganti dovrebbero inoltre essere scrinati con la risonanza magnetica per escludere un eventuale interessamento del sistema nervoso centrale durante i primi sei mesi di vita e successivamente essere sottoposti a controlli neurologici periodici. Una positività della risonanza magnetica non necessariamente prelude il ricorso alla neurochirurgia. Una terapia chirurgica aggressiva dovrebbe essere invece proposta a pazienti sintomatici.

Per quanto riguarda i nevi congeniti piccoli e medi il rischio dello sviluppo di melanoma è molto basso aggirandosi intorno all’1% dei casi nel corso della vita. Il menagement dei nevi congeniti di piccole e medie dimensioni dipende da diversi fattori come la storia clinica del paziente, eventuali modificazioni cliniche della lesione, problemi cosmetici e psicologici del paziente. Per esempio un nevo congenito scuro localizzato al cuoio capelluto può essere assolutamente non significativo dal punto di vista estetico ma difficile da seguire nell’ambito del follow-up mentre al contrario una lesione localizzata a livello degli arti può avere un grande impatto psicologico nella vita del paziente ma può essere comunque mantenuta per la relativa facilità nel seguirla in follow-up.

Per queste ragioni non è possibile identificare uno schema terapeutico definito uguale per ogni paziente ma l’approccio terapeutico a queste lesioni deve essere valutato caso per caso.

La terapia fotodinamica - PDT

La terapia fotodinamica (PDT) è una terapia che utilizza una luce e una crema contenente l'acido 5-aminolevulinico (ALA) o il metil aminolevulinato (Metvix ® / Metvixia ®). Queste cremo sono sostanze fotosensibilizzanti e rappresentano strumenti indispensabili per la terapia fotodinamica. Queste creme , applicate sulla cute malata, vi penetrano e selezionano le cellule maligne distinguendole da quelle sane. Sono chiamate “fotosensibilizzanti” perché attivabili soltanto da un'irradiazione luminosa particolare. Infatti, se questi composti si applicano sulla superficie epidermica lesa senza essere irradiati dalla luce, la terapia fotodinamica non dà frutti.

La luce rappresenta è poi in grado di innescare la reazione chimica; non a caso, il processo è chiamato “fotochimico”, proprio perché la sostanza fotosensibilizzante, a contatto con la luce, assorbe una parte dei raggi luminosi; di conseguenza, si creano forme reattive di ossigeno (ROS, acronimo inglese di Specie Reattive di Ossigeno) che distruggono le cellule in cui si sono sviluppate.
Abbiamo accennato come le sostanze fotosensibilizzanti, nella terapia fotodinamica, siano capaci di distinguere le cellule dannose dalle cellule sane: per questo motivo i ROS si formano solo nelle cellule maligne, lasciando intatte quelle sane.

La PDT ha come target terapeutico principale il trattamento delle cheratosi attiniche. Questa metodica non è l'ideale per il trattamento di cheratosi attiniche singole, spessi o profonde ma rappresenta un utile arma terapeutica nei casi di cheratosi attiniche multiple e localizzate in una determinata area corporea (es. cuoio capelluto o volto).

Cosa sono le cheratosi attiniche?



La cheratosi attinica (attinica = sole, cheratosi = macchia squamosa) e' chiamata anche precancerosi in quanto puo' rappresentare il precursore di un tumore cutaneo, il carcinoma spinocellelluare.

Si presenta come una chiazze eritematosa e squamosa di circa 5-6 mm di diametro, solito ruvida con colori che vanno dal rosso al marrone. Le cheratosi attiniche si sviluppano prevalentemente nelle areee corporee sottoposte ad esposizione cronica alla luce solare, come viso, cuoio capelluto (soprattutto negli uomini calvi), del collo e del dorso della mano.
Tra l' 1% e il 10% delle cheratosi attiniche possono progredire in carcinoma invasivo a cellule squamose. Il trattamento di queste lesioni puo' essere effettuato con diverse tecniche sia mediche che chirurgiche.

Terapie per le cheratosi attiniche - Precancerosi cutanea

La terapia abituale per le singole cheratosi attiniche e' la rimozione chirurgica dellla lesione. Il trattamento chirurgico dovrebbe essere sempre preso in considerazione per lesioni isolate o presentazioni iniziali della cheratosi attinica. Le terapie chirurgiche includono la crioterapia con azoto liquido, il curettage con o senza diatermia, e la classica escissione. I vantaggi di queste tecniche è che sono veloci,semplice ed economiche.

La Crioterapia è una delle tecniche più comunemente utilizzate, con azoto liquido essendo il criogeno più frequentemente selezionata. Applicando la crioterapia nella zona colpita l'abbassamento della temperature distrugge le cellule Malate. Questa tecnica è ideale se le lesioni sono in numero limitato. La Crioterapia è vantaggioso in quanto è generalmente ben tollerato e non richiede anestesia locale, ma i lati negativi includono un po' di dolore durante la procedura e frequenti ipopigmentazione reside (cicatrici).

Il Curettage consiste nell'utilizzare una curette per rimuovere meccanicamente le cellule atipiche. Un'escissione usando una lama chirurgica è un'altra tecnica. Queste due metoiche possono essere seguite da elettrocauterizzazione o terapia laser, che distruggerà ulteriori strati di cellule atipiche, oltre a fornire l'emostasi.

Queste tecniche sono più appropriate per il trattamento di cheratosi attinica singole e in casi in cui è richiesta una biopsia con esame istologico per escludere una lesione tumorale invasiva.

Per i pazienti con numerose cheratosi attinica un approccio terapeutico diverso, noto come terapia di campo, è utile per l'eradicazione delle cheratosi attinica clinicamente visibili e per le forme subcliniche all'interno della zona da trattare.

Per quanto riguarda i trattamenti non chirurgici, Diclofenac e Imiquimod sono le più frequenti terapie topiche utilizzate in Europa. Diclofenac 3% è un non steroidei anti-infiammatori che esercita i suoi effetti attraverso l'inibizione della cicloossigenasi (COX), in particolare COX-2. La terapia Topica con imiquimod crema al 5% (Aldara ®) è invece indicato come trattamento per la cheratosi attinica e superficiali carcinoni basocellulari.

ASPORTAZIONE DI UN NEO - QUALI RISCHI ?


L'asportazione di un neo, se eseguito in modo corretto e seguendo le procedure standard di sterilita' e' una procedura sicura. L'unico vero rischio che si puo' avere asportando un neo e' legata all'eventualita' di un allergia all'anestetico che viene iniettato a livello locale intorno al neo.
Le reazioni allergiche da anestetici locali usati per effettuare l'intervento di rimozione di un neo sono eccezionali e possono provocare per esempio orticaria, angioedema, broncospasmo fino, in casi rari allo shock anafilattico.
Un altro rischio, anche se meno rilevante, e' il rischio di infezione della ferita chirurgica. Questo rischio puo' facilmente arginato attraverso l'utilizzo di una corretta terapia antibiotica di copertura post-intervento.
Infine bisogna sempre ricordare che la rimozione di un neo (qualsiasi tecnica chirurgica venga utilizzata) lasciera' sempre una cicatrice. Questa cicatrice puo' essere piu' o meno evidente a seconda del tipo di sutura che viene applicata al paziente, a seconda dell'area corporea interessata (la cicatrice sara' peggiore nelle zone di tensione) e a seconda di come il paziente cicatrizza di per se.
La vecchia credenza che riteneva che rimuovere i nei o traumatizzarli e' pericoloso per un eventuale degenerazione di quest'ultimo e' assolutamente scorretta, infatti togliere un neo non ha nessuna relazione con la sua eventuale degenerazione.

Biopsia della Pelle


La biopsia cutanea è un esame mini-invasivo che si caratterizza per il prelievo di una piccolissima porzione di pelle. Questo esame serve per effettuare una diagnosi istopatologica. Cioe' l'anatomo patologo guardando al microscopio il pezzo inviatogli dal dermatologo che ha effettuato la biopsia puo' effettuare la diagnosi della malattia in atto.
Di conseguenza il prelievo di cute interessata la palle affetta da una certa malattia di cui si vuole accertare la natura. Queste esame permette di effettuare una diagnosi di certezza della malattia di cui il paziente e' affetto o al minimo di fare una diagnosi per esclusione (per esempio in certi casi anche se il patologo non e' sicuro della diagnosi puo' escludere un tumore).Ciò permette di capire se occorre davvero un intervento più esteso ed evitare, almeno finché questo non è chiaro, di lasciare segni vistosi.

Come si effettua praticamente?
Di solito il paziente viene sottoposto ad una piccola iniezione di anestesia locale (es. lidocaina) per addormentare al parte interessata. Successivamente il dermatologo preleva una piccola porzione di pelle tramite un bisturi a lama tonda (puch)tramite un operazione simile ad un carotaggio. Infine la piccola cavita' che rimane puo' essere chiusa con un punto di sutura, un radiobisturi o semplicemente tramite un cerotto.

Come si toglie un neo


La rimozione di un neo sospetto (escissione chirurgica o biopsia incisionale) e' un intervento di dermo-chirurgia abbastanza semplice.

L'intervento ha la durata complessiva di circa 20 minuti ed e' generalmente svolto in anestesia locale (come le anestesie del dentista). Il nevo vine rimosso dal dermatologo dermochirurgo insime ad un piccola quantita' di pelle sana intorno al neo.
Il nevo viene quindi posto in un apposito contenitore contenete formalina per essere inviato all'anatomo patologo per l'esame istologico. L'esame istologica determinerà poi la diagnosi definitia della lesione.

La ferita viene quindi chiusa con punti di sutura, spesso interni riassorbili ed esterni che verrano rimossi dopo circa 15 giorni. Nella maggior parte dei casi il dermochirrugo puo' fare una sutura estetica che tende a lasciare una cicatrice meno evidente.

Alcuni tipi di nei (non tutti) possono anche essere rimossi con fini estetici con strumenti come il laser o il radiobisturi ma anche in questi casi e' sempre consigliabile effettuare un esame istologico per accertare la diagnosi.