Dal papiro di Ebners (10 sec.a.c.) sappiamo che gli egizi utilizzavano miscele di sali, oli e polveri di alabastro per levigare la pelle; inoltre le nobildonne egizie, per rendere la pelle più morbida, avevano l’abitudine di immergersi nel latte inacidito che era ricco di acido lattico, un alfa-idrossiacido. Le donne indiane, invece, erano solite impastare polvere di pomice con le urine per applicazioni topiche sul viso: primitivo uso dell’urea in campo dermatologico.
Il primo vero impiego del peeling chimico a scopo terapeutico, in era moderna, si deve al dermatologo tedesco P. G. Unna che nel 1882 descrisse le proprietà desquamanti dell’acido salicilico, dell’acido tricloracetico, acido glicolico e del fenolo.
Nei primi anni del XX secolo il Dott. George Miller Mackee, dermatologo inglese, iniziò ad utilizzare il peeling al fenolo nel trattamento delle cicatrici da acne. Il Dott. Mackee divenne presidente del dipartimento di dermatologia dell’Università di New York; ma solo nel 1952 pubblicò i risultati dei suoi studi sull’utilizzo del fenolo nel trattamento delle cicatrici acneiche, effettuati nel 1903.
Durante la Prima Guerra Mondiale le soluzioni a base di fenolo erano usate per cancellare il tatuaggio da polvere da sparo sul volto dei feriti. Proprio in quel periodo un medico francese, Dott. La Gassè, scoprì che si potevano raggiungere ottimi risultati trattando una zona lesa con il fenolo e, successivamente, coprendola con nastro adesivo. Questa sua tecnica, messa a punto nel 1918 durante la Guerra, fu successivamente fatta conoscere negli Stati Uniti da sua figlia Antoinette che negli anni ’30 e ’40 utilizzò la tecnica del peeling profondo per migliorare cicatrici e rughe.
Attraverso gli anni , numerose sono state le formule per utilizzare il fenolo, ma è nel 1961 che Baker e Gordon elaborano quella che con il loro nome viene impiegata ancora oggi.
Una vera e propria svolta nella storia dei peeling chimici si è avuta all’inizio degli anni ’60, grazie a studi istologici dettagliati del Dott. Brown, chirurgo maxillofacciale, sull’uso e sulla tossicità del fenolo. Nel 1962 Ayres pubblica un lavoro nel quale espone gli effetti benefici dell’acido tricloracetico sulle rughe e sui danni attinici. Gli anni ’70 videro i dermatologi praticare peeling su tutto il viso con fenolo e acido tricloracetico: è proprio di questi anni la pubblicazione di Resnik e collaboratori sull’esperienza con acido tricloracetico.